Sostenibilità è pensare a tutta la società, non solo ai giovani

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Sta circolando in questi giorni la petizione Uno non basta, che chiede di destinare il 10% del Recovery Fund ai giovani e alle politiche del lavoro rispetto all’1,6% attualmente previsto e ritenuto insufficiente. Tale richiesta a mio avviso è espressione della purtroppo diffusa retorica giovanilista, che alimenta lo scontro generazionale e non contribuisce allo sviluppo del Paese. La petizione, va detto, reitera un errore concettuale ormai entrato nell’immaginario comune e già presente nella ripartizione delle risorse già prevista ovvero che le politiche del lavoro siano qualcosa che riguarda esclusivamente i giovani. Tale narrazione viene poi alimentata da grafici che mostrano la disoccupazione al 30% nella fascia 15-24: un dato estremamente fuorviante dato che la maggior parte a quell’età studia, vive in famiglia e un lavoro non lo cerca neppure. Se poi guardiamo agli over 40 il dato è ancora più preoccupante e sconta un ulteriore percezione distorta ovvero che quella fascia non abbia le competenze adatte, specie legate alle nuove tecnologie: non è vero, sono tanti coloro che si aggiornano così come va sfatato il mito che tutti i giovani siano talenti. Essere giovani non è una competenza ma purtroppo viene comunemente considerata alla stessa stregua come requisito qualificante.
Quello che davvero occorre sono politiche attive del lavoro spalmate su tutta la vita lavorativa, perché ciascun individuo ha le proprie vicissitudini, e non concentrate su una fascia d’età e una maggiore flessibilità del mercato del lavoro (la famosa flexicurity…), accompagnata da opportunità di formazione e riqualificazione professionale. In fase di selezione poi occorrerebbe davvero giudicare il merito per competenze e non per anagrafe e rendere diffusa la pratica dei CV muti che consentirebbero di ovviare ad almeno due bias diffusi, il genere (eliminando il pregiudizio sul genere femminile) e l’età (secondo cui solo se si è giovani si è talenti). Preoccuparsi delle generazioni future non significa guardare solo ai giovani ma alla società nel suo complesso, nella quale ciascuno deve avere un ruolo, e contribuire alla sostenibilità della società stessa e deve essere incoraggiato e favorito il dialogo intergenerazionale, non il conflitto.