
Nel mio lavoro come formatrice e facilitatrice, mi capita spesso di accompagnare gruppi e organizzazioni in processi di cambiamento complessi. In questi percorsi, ho trovato straordinariamente efficace l’integrazione tra due approcci che, pur nati in contesti diversi, si completano e si rafforzano a vicenda: Art of Hosting e Teoria U.
Entrambi offrono cornici, pratiche e presenze che permettono di trasformare conversazioni ordinarie in momenti generativi e decisioni organizzative in atti co-creativi. Integrare questi due approcci non significa sommarli, ma metterli in dialogo per creare uno spazio fertile dove apprendimento, visione e azione possano emergere in modo autentico.
Cosa sono Art of Hosting e Teoria U?
Art of Hosting (AoH)
L’Art of Hosting è una metodologia per ospitare conversazioni significative in gruppo. Più che un metodo rigido, è un “approccio” che combina pratiche partecipative (come il World Café, il Circle o l’Open Space Technology) con un’intenzione precisa: facilitare il coinvolgimento autentico delle persone su questioni che contano.
Il cuore dell’Art of Hosting è la presenza dell’ospite: non si tratta solo di condurre, ma di tenere lo spazio in modo consapevole, etico e relazionale, affinché l’intelligenza collettiva possa emergere.
Teoria U
La Teoria U, sviluppata da Otto Scharmer, è una mappa per attraversare processi trasformativi. Si basa sull’idea che il cambiamento profondo non può essere “gestito” con approcci lineari: va invece sospeso il giudizio, lasciato andare il passato, e ci si deve connettere a ciò che vuole emergere nel futuro.
Attraverso il movimento a forma di U – Osservare, Sentire, Presencing, Prototipare, Co-evolvere – le persone e i sistemi sono guidati in un viaggio che le porta a riconnettersi con la propria fonte generativa.
Dove si incontrano
L’integrazione tra Art of Hosting e Teoria U è naturale e potente. Entrambe le pratiche mettono al centro:
- L’ascolto profondo, non solo dell’altro, ma del campo più ampio in cui siamo inseriti.
- La co-creazione, intesa come emergere collettivo di visioni e soluzioni.
- La consapevolezza del contesto, dei tempi, dei ritmi e dei bisogni individuali e sistemici.
- La centralità della presenza, intesa come qualità interiore del facilitatore o della facilitatrice.
Se la Teoria U offre una mappa trasformativa, Art of Hosting offre le pratiche per attraversarla. Possiamo pensare alla Teoria U come a una teoria del cambiamento basata sul futuro che vuole emergere, e ad AoH come alla cassetta degli attrezzi e alla postura relazionale necessarie per accompagnare questo emergere.
Un esempio concreto
Immaginiamo un’organizzazione che deve reinventare la propria strategia in un contesto di profonda incertezza. Applicare la Teoria U significherà accompagnare le persone in un percorso che parte dall’ascolto del sistema (Co-Sensing), attraversa un momento di silenzio e contatto con l’intenzione profonda (Presencing), e porta infine a prototipare nuove soluzioni.
Nel farlo, le pratiche dell’Art of Hosting offrono strumenti concreti per ogni fase:
- Circle Practice per aprire e chiudere il campo con intenzione e rispetto.
- World Café per esplorare prospettive diverse nel Co-Sensing.
- Dialoghi generativi per approfondire l’ascolto e rallentare.
- Harvesting visivo o narrativo per dare forma a ciò che emerge.
- Prototipazione partecipata per attivare i piccoli esperimenti del futuro possibile.
Perché integrarli?
Insieme, questi due approcci permettono di:
- Passare da conversazioni superficiali a dialoghi trasformativi.
- Sbloccare l’intelligenza collettiva in ambienti spesso polarizzati o frammentati.
- Accogliere l’incertezza come spazio fertile, non come ostacolo.
- Coltivare leadership distribuita e consapevole.
In tempi di crisi e transizione, non abbiamo bisogno solo di nuove risposte, ma di nuove modalità di pensiero e di relazione. L’integrazione tra Art of Hosting e Teoria U risponde a questa esigenza con strumenti concreti e una visione profonda.